sabato 27 dicembre 2014

UN PO' ADULTI, UN PO' BAMBINI... LOW BUDGET, LABORATORI DI SCENEGGIATURA

Credo che, oggi, in questi tempi di ristrettezze economiche perenni, uno sceneggiatore abbia solo due alternative: o diventare adulto in fretta o restare ragazzino per sempre.
I ragazzini ispirano simpatia (ok, non sempre): sono anticonformisti, casinisti, capricciosi, liberi, egocentrici. Gli adulti sono più affidabili, ma anche più noiosi.
Eppure c'è poco da fare: oggi le limitazioni economiche sono tali e tante, che se non si fa emergere un po' del proprio lato maturo, il mondo dello spettacolo farà a meno di te.

Il problema è che si tratta di una piccola contraddizione: chi fa spettacolo (cinema, webseries, TV, teatro...) resta sempre un po' ragazzino. La componente del gioco è imprescindibile. Se no meglio fare un lavoro da persone serie, e poi sbizzarrirsi nel proprio tempo libero con un hobby qualsiasi.
Ma se si vuole essere bravi autori di cinema, teatro, narrativa, l'ideale sarebbe non avere bisogno di sfogare la propria parte puerile fuori dall'orario di lavoro.

Ecco qui il problema: due esigenze e l'impressione che vadano in direzioni davvero opposte. Da una parte, il fatto che i soldi che girano nel mercato dell'audiovisivo sono molti meno che in passato - quindi: 1) si guadagna di meno 2) bisogna scrivere cose che costeranno di meno, molto di meno.
Dall'altra, la necessità di continuare a restare un po' bambini, l'importanza di sognare in grande, il bisogno, per fare un buon lavoro, di rischiare, di proporre cose nuove, originali, mai tentate prima. Come fare a conciliare queste due spinte apparentemente inconciliabili?

E' anche per questo che ho pensato ai laboratori e corsi di sceneggiatura che vanno sotto il nome di "Low Budget!"
Perché, per tenere insieme la nostra parte adulta e quella più sgangherata (entrambe indispensabili), la tecnica e le regolette servono ma non bastano: bisogna far propria una particolare mentalità, fatta di dedizione alla causa, voglia di rischiare, e conoscenza del mondo che ci circonda. Restare adulti e diventare bambini.
E proprio di questa mentalità cercheremo di parlare nei nostri incontri.
A breve proporremo due versioni diverse dello stesso format.
A Milano, in versione workshop, il 14 febbraio, alla Libreria Open.
A Roma, in versione corso di 20 ore, alla Libreria Altroquando, 21 e 22 febbraio, e 7 e 8 marzo.
Senza presunzione, con un approccio pragmatico, e con la voglia di tirarsi fuori dalle secche del periodo usando al meglio le uniche armi di cui disponiamo: il lavoro e il talento.

lunedì 15 dicembre 2014

WES ANDERSON E IL TOCCO DI LUBITSCH

Da "Ninotchka" di Ernst Lubitsch. Quando basta un
 cappello per spiegare un sacco di cose...
Ma Grand Budapest Hotel ha davvero qualcosa a che fare con il tocco di Lubitsch? Se n'è fatto un gran parlare, e qualche collegamento tra il film di Wes Anderson e l'opera di Ernst Lubitsch c'è di sicuro. Ok, i fondali dipinti. Ok, la Mitteleuropa. Ok, qualche porta chiusa.
Ecco, sono proprio le porte chiuse che mi fanno venire qualche dubbio. Le porte di Lubitsch restavano chiuse non per nascondere la realtà dei fatti (tradimenti, sesso, truffe... ma soprattutto sesso), ma per dire di più riguardo alla realtà. Un'allusione e lo spettatore capiva tutto, con doppi-tripli-infiniti sensi. Il Codice Hays c'entrava, sì, ma ricordiamo che lo stile di Lubitsch si forma prima che il Codice Hays diventi normativo. Dunque, l'allusione non era solo necessità strategica, era, almeno in parte, volontà e scelta stilistica.
Il mio sospetto è che, invece, le porte chiuse di Anderson non servano a dire di più, ma proprio a omettere di più. Penso a quello stiloso di Wes Anderson, e ho sempre più la sensazione che il ragazzo non sia poi tutto questo compagnone. Altro che porte chiuse: qui si tratta di serrature a doppia mandata. Un mondo opaco.
Parlare di opacità in Lubitsch, d'altra parte, sarebbe assurdo. Per lui il mondo era conoscibile, non c'è alcun mistero: il gioco di specchi serve a farci divertire di fronte alle nostre stesse assurdità, non a mistificare una realtà opprimente e sgradita.
"Mancia Competente", ombre sul letto...
Per Anderson... Be', difficile entrare nella testa della gente.
Di certo c'è qualcosa di idiosincratico nell'universo sociale del regista texano. Misantropia forse non è la parola giusta. Indisponibilità a livello umano, invece, sarebbe un eccesso interpretativo.
Sinceramente, però, così come lui non ha voglia di dire di più, non so se io ho voglia di approfondire. Ci sono autori aperti e autori chiusi. A ciascuno il suo. Detto questo, forse Anderson ha provato davvero a rifare Lubitsch, forse no, di certo non ha ripetuto il miracolo di quell'arte perduta. Il tocco di Lubitsch, autore che continua a sorriderci malizioso e senza bronci, era dietro un'altra porta chiusa.

(martedì 16 dicembre, ore 20 e 30, Saronno, Libreria Pagina 18, a cura dell'Associazione Verbanova, per Lezioni di Cinema: "Grand Budapest Hotel")

mercoledì 10 dicembre 2014

INCONTRI DI CINEMA A SARONNO: GRAND BUDAPEST HOTEL

Il 16 dicembre, ore 20 e 30, presso la Libreria Pagina 18 di Saronno, ultimo appuntamento del 2014 di "Lezioni di cinema" con Grand Budapest Hotel di Wes Anderson. Le abbiamo chiamate "lezioni", ma non certo nel senso delle lezioni frontali. Io mi limito a dare un piccolo inquadramento prima del film, e a proporre qualche chiave di lettura dopo il film. Poi si va di chiacchiera fino a che non ci cacciano. Organizza l'Associazione Verbanova, cura la serata il sottoscritto, Mario Mucciarelli, ci cacciano quando è ora Carla e/o Giulio della Libreria Pagina 18. Nel 2015 altri incontri e altre proposte (anche una serata Hitchcock, ad esempio, tanto per tentarvi...).