In Italia si ha sempre nostalgia di qualcosa.
La critica nostrana (di sottobosco o mainstream) da tempo
auspica un “ritorno al cinema di genere”. Film recenti hanno ritirato fuori
l’argomento. Ma stiamo davvero tornando al cinema di genere? E di cosa parliamo
quando parliamo di genere?
Ho sempre pensato che il cinema di genere abbia a che fare
tanto con le caratteristiche narrative dei film quanto con le aspettative del
pubblico.
In un certo senso si potrebbe dire che non può esistere un
film definito di genere senza un sistema più o meno articolato di aspettative
da parte del pubblico.
Quando ci si aggira in libreria e si va nella sezione
“gialli”, ad esempio, ci si aspetta di trovare romanzi in cui ci sia un’indagine,
delitti o crimini, atmosfere specifiche, una scrittura il più delle volte
asciutta, ecc.
Supponiamo che esista un paese tropicale in cui nessuno ha
mai letto un giallo. Supponiamo che arrivi una spedizione di buoni colonialisti
con un’Agatha Christie a caso. Supponiamo
che nel paese in questione siano selvaggi, ma buoni lettori. Nessuno si
aspetterà niente di particolare dal libro: il testo verrà percepito come un
prototipo, oppure riportato alle conoscenze locali.
Un giallo dal punto di vista di chi conosce già il genere,
un libro e basta dal punto di vista di ipotetici lettori digiuni.
Ovviamente non è un caso molto realistico. Ma in quella
situazione-limite, questo è il punto, il giallo della Christie non verrebbe
letto come se fosse un libro di genere.