Sulla lavorazione di Casablanca sono stati fatti tanti racconti. La scrittura fu tutt’altro che lineare. Non si capisce neanche bene chi abbia scritto cosa (ma nelle opere audiovisive non è strano). Eppure, anche se scritto e girato nel caos, il film sembra perfettamente logico e perfettamente costruito. Magie di Hollywood.
Ma qui lasciamo da parte gli aneddoti, e restiamo su cosa
succede nel film. Per un lungo tratto di storia, in particolare dopo la sbronza
a metà film, non si capisce a che gioco stia giocando Rick. Vuole davvero
denunciare il marito di Ilsa e sbarazzarsi di lui, anche se è un eroe della
Resistenza? Forse sì, anche se lo statuto divistico ed eroico di Bogart, almeno
al pubblico dell’epoca, suggeriva che troppo cattivo Rick non poteva essere.
E infatti Rick ribalta tutto e quando si trova di fronte il
capitano Renault, fantoccio francese dei nazisti, ma personaggio a suo modo non
detestabile, il quale sta per arrestare Victor l’eroe, invece di assecondarlo gli
punta la pistola ordinandogli di avvertire l’aeroporto del loro arrivo. Renault
però inganna Rick e chiama Strasser, il generale tedesco (e non dimentichiamoci
questa telefonata).
Il climax si avvicina, le lettere di transito che fin dall’inizio passano di mano in mano, stanno finalmente per essere usate: qualcuno smetterà di aspettare, e lascerà Casablanca. I nostri arrivano all’aeroporto, e noi pensiamo che Rick voglia mettere Viktor sull’aereo verso il Portogallo e restare a Casablanca con la sua Ilsa ritrovata. Invece no: Rick ordina a Ilsa di partire con il marito, si concede un meraviglioso monologo (“forse non oggi, forse non domani…”) iniettato di puro paternalismo, la chiama persino “bambina”, con un buffetto, poi impapocchia qualcosa anche a Victor, per fargli credere che Ilsa non lo voleva tradire. Victor, che poveraccio ha altro a cui pensare visto che è in missione per salvare il mondo occidentale, ringrazia Rick come se avesse capito di cosa si sta parlando (magari l’ha capito da un pezzo e fa finta, ma non importa), e via verso l’aereo.
Tutto a posto? Mica tanto, perché intanto arriva Strasser, e Rick fa quello che aspettiamo da tutto il film che faccia: spara al nazista. L’aereo è lì che ancora rulla sulla pista, arriva anche la polizia, e Rick, spaventato, guarda Renault: il suo destino è nelle mani dell’ambiguo capitano francese. “Fermate i soliti sospetti” dice Renault, con un ennesimo colpo di scena (magistrale e giustamente famosissimo), e i poliziotti si caricano il sacco di patate nazista e se ne vanno. L’aereo parte nella notte (fine della storia delle lettere di transito, e fine del triangolo amoroso). Rick e Renault guardano l’aereo partire, poi si sorridono, tutti contenti, e Renault manifesta la sua volontà finale: butta via la bottiglia d’acqua di Vichy e si incammina verso non si sa dove con Rick, pronti per combattere insieme contro i nazisti. “Credo che oggi inauguriamo una bella amicizia” dice Rick, e il film è finito.
Si potrebbero dire (e si sono dette) tantissime cose su questo
finale. A questo giro, e proprio per non spoilerare tutti gli argomenti del
corso “Spoiler, partiamo dal finale”, mi soffermo solo sul ruolo di Renault,
che potrebbe sembrare marginale ma lo è solo ad uno sguardo distratto.
Tutto il film, con impianto solidamente melodrammatico, gira
attorno all’inconciliabilità tra amore e dovere. O l’uno o l’altro, non si
sfugge. A differenza di altri melodrammi, c’è però un elemento caratteristico:
il percorso di crescita del personaggio di Rick, che come vedremo subito, va a complicare
le priorità del melodramma.
Se all’inizio il suo punto di vista sulla vita
è: mi faccio i
fatti miei, non m’immischio, amoreggio ma non impegno, anzi, sapete cosa vi
dico, manco bevo; il ritorno di Ilsa lo mette di fronte ad una serie di bivi
che non può più evitare, tutti legati a quella parte del suo carattere e della
sua personalità che, dopo la fine della storia parigina con Ilsa, anni prima,
Rick ha messo da parte: il suo coraggio, la sua moralità, il suo eroismo, la
sua capacità di stare dalla parte giusta, eccetera. Ecco una prima
contraddizione: la caratterizzazione iniziale di Rick è affascinante nel suo
cinismo e nella sua capacità di barcamenarsi, che chiaramente capiamo nasconde
qualcosa. E questo qualcosa è altrettanto importante, e più avanti dovrà riemergere.
Ricordiamoci che Casablanca nasce in un contesto di guerra, e
che si tratta di un film con un impianto propagandistico quanto melodrammatico.
Due impianti, due necessità che confliggono, una storia che prende forma
attorno a queste dinamiche. E così, Rick fa la cosa giusta con Ilsa
(lasciandoci il sospetto che, in effetti, a lui di avere una ragazza tra i
piedi quando si combatte non piaceva manco prima…), fa la cosa giusta con Victor
(rigirando la frittata, ma convincendolo), fa la cosa giusta con Strasser (che
comunque tira fuori la pistola per primo, l’eroe non spara mai a sangue freddo
a nessuno, neanche a un tedesco), e così abbandona la neutralità e diventa un
bel modello di riferimento per l’arruolamento dei ragazzi americani e in
generale i sacrifici di quei terribili anni.
E Renault? Prima di tutto ricordiamoci che Renault c’entra ben
poco con l’impianto melodrammatico, se non come personaggio funzionale. Renault
è una splendida dimostrazione di quanto erano bravi a scrivere i secondari
negli anni del cinema industriale: perché un personaggio più “funzione” di così
non si potrebbe immaginare, eppure Claude Rains lo interpreta magistralmente, e
il personaggio è indubbiamente simpatico. Si vede che detesta i tedeschi, anche
se è vile e gli piacciono le comodità: Casablanca è una città piena di vizi e
di divertimenti, lui è in posizione di potere, cosa faremmo al suo posto? Poi
ha la battuta pronta e Rick non sembra odiarlo, anzi, in qualche modo lo
rispetta. Almeno Renault non è un idiota, e gli è rimasto un po’ di
sentimentalismo alla francese, che Rick apprezza (Parigi, Ilsa… “Sono colpi di
cannone o è il mio cuore?” Quella roba lì). Ma Renault è corrotto e vigliacco. Non
è senza speranza, ma fino all’ultimo non ci pare molto propenso a fare la cosa
giusta. Ricordate la telefonata ingannevole? Renault chiama Strasser ingannando
Rick, e la storia è proprio agli sgoccioli! Eppure…
All’ultimo minuto, di fronte alla scelta decisiva, e con il
cadavere di Strasser davanti, Renault cambia faccia. E’ un cambiamento
repentino, e che potrebbe suonare meccanico. Ma è fatto in modo così elegante e
preciso, che ci crediamo. Ma sì, lo sapevamo che anche Renault era dalla parte
giusta, in fondo! Lo sapevamo che un giorno sarebbe uscito dall’ambiguità.
E poi Renault è francese. La Francia si è da poco arresa ai
tedeschi, ma bisogna che rialzi la testa, e non solo lei. Gli Stati Uniti mica
pensano di vincere la guerra da soli. C’è un’Europa da risvegliare. Un
messaggio da mandare non solo alle famiglie americane.
E il melodramma finisce, scompare in lontananza, sulle ali
dell’aereo diretto in Portogallo, e la propaganda resta con noi, persino nelle
ultime note della colonna sonora (non casuali). Il dovere è più importante
dell’amore in questa storia, anche se l’amore è una forza propulsiva devastante.
Rick l’eroe rinasce grazie al ritorno di Ilsa. Victor l’eroe resiste sempre
grazie all’amore di Ilsa. Lo stesso Renault, da vero francese sentimentale, si
converte al bene dopo aver assistito da spettatore al siparietto a tre del
finale.
Insomma, il discorso è complesso, umano, credibile, romantico, appassionato, e per nulla riducibile ad una formula. Piuttosto, a tante formule. E alla fine tutto questo confeziona un discorso molto chiaro: “Ma tu sai bene che i problemi di tre piccole persone come noi non contano in questa immensa tragedia” come dice Rick a Ilsa (aggiungendo poi quel: “Un giorno capirai”, che oggi invecchia un po’ il monologo, ma che ci volete fare? Erano altri tempi, e la guerra era una faccenda da maschi). La cosa importante però è che noi ci siamo appassionati a questa storia – di propaganda – proprio grazie ai problemi di quelle tre piccole persone. Quindi, niente moralismo, ma una faccenda di esseri umani e di valori (giusti o sbagliati).
E Renault, in questo discorso, è tutt’altro che secondario. Non è solo un personaggio-funzione: è la sottolineatura finale dei valori che danno senso a tutta la storia. Perché nel finale non solo vediamo sciogliersi le domande di tutta la storia (riuscirà Rick ad amare Ilsa? chi lascerà Casablanca?), ma vediamo anche emergere i valori che innervano la nostra storia. In questo caso: la propaganda, le priorità in tempi difficili, il rapporto complesso tra vita privata e doveri pubblici, eccetera.
Almeno, questo succede nei finali che funzionano. Poi come ci
siano arrivati a questo finale, in un film in cui, fino all’ultimo giorno di
riprese, ancora avevano dei dubbi su come dovesse finire la storia, questa è
un’altra faccenda.
“Spoiler, partiamo dal finale”: l’unico corso che va a
ritroso.
Da settembre potete farlo online, oppure in presenza, a Bologna e a Settimo Torinese.
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