mercoledì 4 settembre 2024

CASABLANCA. IL TRIANGOLO INATTESO: RICK, ILSA... E RENAULT.

Ci sono finali così famosi che spesso li conosciamo anche senza aver letto il libro o visto il film. Quello di Casablanca (Michael Curtiz, 1942) ad esempio viene spoilerato con enorme nonchalance nella prima scena della versione cinematografica di Provaci ancora Sam (regia di Herbert Ross, anno 1972, ma scritto e interpretato da Woody Allen). Evidentemente si dava per scontato che nessuno si sarebbe infastidito. Ad ogni modo, nella commedia alleniana era fondamentale mostrare subito il finale di Casablanca, perché tutta la vicenda dall’inizio alla fine avrebbe ruotato attorno a quel riferimento, citandolo, ribaltandolo, e usandolo fino all’ultima scena. Dunque, parliamo anche noi del finale di Casablanca, un po’ come se fosse di pubblico dominio (altrimenti prendetevi due ore scarse per vedere il film e ci rivediamo dopo il break).

martedì 27 agosto 2024

SPOILERANDO SPOILER

Ho cominciato a pensare che fare questo corso fosse una buona idea non solo perché il titolo che mi era venuto in mente (Spoiler) suonava benissimo (suona benissimo, no?), ma soprattutto perché la mia esperienza come autore mi confermava che dai finali c’era sempre da imparare. E quindi, visto che si parte sempre dalla propria esperienza, perché non provare?

In tutte le cose che ho scritto (film, romanzi, racconti, opere teatrali) la stesura del finale ha ogni volta portato con sé domande e dubbi mai sperimentati prima. Tutte le sante volte c’è sempre stato qualcosa da imparare: una roba piuttosto seccante, se si ha la pigrizia come valore etico fondativo. Qualcosa da imparare, ergo: qualche muro contro cui andare a schiantarsi. 

Poiché coltivo un’immagine leggera della pratica della scrittura, dopo lo schianto contro il muro non penso segua il tormento, la sofferenza e lo sturm und drang. Piuttosto, come nei cartoni animati, ci si scuote un po’ storditi, magari con gli uccellini che ti girano attorno alla testa, poi ci si rimette in piedi con un balzo, e si cerca una strada per aggirare quel muro. O abbatterlo. O scavalcarlo. Oppure scriverci sopra “the end” e tornarsene a casa (può capitare).

Poi c’era un’altra faccenda: ogni volta ragionare su come deve andare a finire una storia (il verbo modale non è scelto a caso), implica un ragionamento sull’inizio del racconto, sulle sue premesse a monte, e poi su tutto quello che succede in mezzo, e ancora e soprattutto su ciò che volevamo davvero raccontare, sul senso stesso di tutto. Pensi alla conclusione, ma in realtà, pensi a tutto.

L’unico rischio di impostare un laboratorio a partire dallo studio dei finali riguardava proprio gli spoiler. E’ un peccato rovinare il finale di certi film o libri a chi non li ha ancora visti o letti, no? Poi mi son detto che qualche rinuncia bisogna sempre farla, nel duro processo dell’apprendimento. Mi sarei impegnato a rendere il processo meno duro possibile, o meglio, anche duro, ma piacevole. E in cambio corsiste e corsisti avrebbero dovuto accettare qualche storia spoilerata. Che poi, diciamocelo, mantenere un segreto sui colpi di scena delle storie oggi è davvero complicato. Io avrei fatto meno danni di Wikipedia.

Quindi, eccoci qua. L’autunno è alle porte e la proposta di corsi spoiler, ad oggi, si fa una e trina.

Saremo, con organizzazione Bianconiglio, a Bologna, in presenza, con due laboratori: uno base e uno intermedio, quest’ultimo finalizzato alla scrittura dall’inizio alla fine (o viceversa) di un progetto individuale. Open day per raccontare tutto (e anche altro) l'8 settembre.

A Settimo Torinese, sempre in presenza, con un laboratorio Spoiler in partenza alla Biblioteca Archimede.

E online, con due turni di incontri, probabilmente diversificati in base ai gruppi che si formeranno.

E, per cominciare subito a rovinarvi un finale: ecco quello di Casablanca, regia di Michael Curtiz, con Humphrey Bogart, Ingrid Bergman e Claude Rains. Ai nomi dei due protagonisti ho aggiunto quello del bravo attore Claude Rains, che interpreta il Capitano Renault, perché… Be’, ne parleremo (continua).

giovedì 9 aprile 2020

2020 L'anno del non contatto


Di recente mi è stato chiesto quale fosse per me la parte migliore del mestiere di scrivere. Ho risposto come al solito: che si fa da casa, e che si fa da soli.
Scrivo questo post durante i giorni del lockdown italiano a causa dell’emergenza dovuta al covid-19. Chi legge il post in questi stessi giorni non avrebbe bisogno di questa spiegazione, ma io sono di quelli che continuano a postulare l’esistenza di una vita dopo l’emergenza covid. Quindi specifico, in favore di qualche lettore del futuro.
Schermi bianchi, sale vuote
Siamo chiusi in casa per evitare che il contagio si diffonda e il nostro sistema sanitario collassi (o finisca di collassare in questo momento, fate voi). Per me non è cambiato molto, visto che in casa ci stavo sempre anche prima, per tanti, come ad esempio tutti o quasi gli altri lavoratori del mondo dello spettacolo, è cambiato tutto.
E’ interessante come questa emergenza – che non è una guerra, se non altro per il fatto che la guerra è sempre sbagliata – stia schiacciando tanti di noi sul tempo presente. Un eterno presente fatto di guai, morte, insonnie, ansie, claustrofobia, paure, file per il supermercato, mascherine, propaganda, manipolazione, solitudine, mancanza di solitudine, statistiche.
Ci vivevamo anche prima in un eterno presente, ma avevamo almeno l’illusione del futuro. Oggi il futuro esiste solo come ipotesi meramente teorica. In teoria, il futuro dovrebbe esistere. In pratica, non lo sappiamo.
Nell’ambito delle arti performative e audiovisive, i discorsi che riguardano il futuro sono piuttosto frequenti in queste settimane. Per semplificare, in pratica facciamo “come se”.
Sviluppiamo un progetto. Scriviamo un copione. Riscriviamo un copione. Prepariamo un bando. “Come se” ci fosse un futuro in cui quel copione verrà realizzato, ci sarà un casting, verrà messa in piedi una troupe, ci sarà un pubblico seduto in una sala buia a guardare un’opera proiettata su un telone bianco o a godersi dei simpatici guasconi che saltellano su un palco.
Ma nessuno può dirci se e quando e come questo si avvererà. Se prima vivevamo in un settore molto instabile, oggi viviamo in un settore ipotetico. E’ un’ipotesi, il nostro lavoro. Anche il mio, che continuo a scrivere, dunque a lavorare, ma non so bene per cosa, per chi, per quando.
La parola d’ordine è diventata “distanziamento”. Evito di aggiungerci l’aggettivo “sociale”. Distanziamento basta e avanza.
Nel discorso semplificato della politica, il distanziamento oggi è la strada per tornare alla normalità domani. Anche se la normalità di domani probabilmente non assomiglierà a quella di ieri, aggiungono.

mercoledì 20 dicembre 2017

NELL'OCCHIO DI CHI GUARDA

Fuori dal Pantages, in attesa di una cerimonia degli Oscar,
un migliaio di anni fa.
A me sembra una coincidenza interessante, ma magari sono io che mi sbaglio. Quest'anno, abbastanza accidentalmente, nel listone dei film candidati dai vari paesi come Migliore Film in Lingua Straniera agli Oscar 2018, a guardar bene si potevano trovare non uno, bensì due film italiani. Sono coinvolto in uno dei due, e cioè "The Space Between" di Ruth Borgobello, avendolo scritto insieme alla regista. Ma il nostro era il candidato dell'Australia, essendo una co-produzione per l'appunto tra Italia e Australia. Il vero candidato italiano invece era "A Ciambra" di Jonas Carpignano. 
Sia detto tangenzialmente, nessuno dei due è entrato nella shortlist dei nove nominati.
Probabilmente era già successo che ci fossero due film italiani nel listone prenatalizio dei candidati (quest'anno si è fatto il record, con oltre 90 paesi proponenti), ma rimane comunque una bizzarria dell'annata. A cui si aggiunge un'ulteriore circostanza bizzarra, finora passata quasi sotto silenzio: come film "italiani" sono decisamente... poco italiani.

martedì 5 luglio 2016

CLOUD ATLAS: e se Miniero e Genovese fossero i nostri Wachowski?

Fino a qualche anno, sulle riviste specializzate e non, si faceva un gran parlare delle cosiddette strutture multilineariCloud Atlas potrebbe essere una buona occasione per riprendere il filo del discorso - oppure per tagliarlo una volta per tutte.
Sei linee narrative si intrecciano in questo film girato, curiosa quanto inutile coincidenza, proprio a sei mani da Tom Tykwer (quello di Lola corre), e dai fratelli Wachowski (quelli di Matrix Revolutions). Sei linee ambientate in sei periodi diversi, e tenute assieme da collegamenti testuali o attoriali più o meno stringenti.
In un futuro post-catastrofico Tom Hanks, un valligiano dedito alla propria autoconservazione, deve accompagnare una Halle Berry vestita di bianco e dunque appartenente ad una società superiore (i Prescienti) in un viaggio decisamente rischioso.

sabato 16 aprile 2016

L'ETERNO RITORNO (considerazioni perplesse sulla rinascita del cinema di genere in Italia)

In Italia si ha sempre nostalgia di qualcosa.
La critica nostrana (di sottobosco o mainstream) da tempo auspica un “ritorno al cinema di genere”. Film recenti hanno ritirato fuori l’argomento. Ma stiamo davvero tornando al cinema di genere? E di cosa parliamo quando parliamo di genere?
Ho sempre pensato che il cinema di genere abbia a che fare tanto con le caratteristiche narrative dei film quanto con le aspettative del pubblico.
In un certo senso si potrebbe dire che non può esistere un film definito di genere senza un sistema più o meno articolato di aspettative da parte del pubblico.
Quando ci si aggira in libreria e si va nella sezione “gialli”, ad esempio, ci si aspetta di trovare romanzi in cui ci sia un’indagine, delitti o crimini, atmosfere specifiche, una scrittura il più delle volte asciutta, ecc.
Supponiamo che esista un paese tropicale in cui nessuno ha mai letto un giallo. Supponiamo che arrivi una spedizione di buoni colonialisti  con un’Agatha Christie a caso. Supponiamo che nel paese in questione siano selvaggi, ma buoni lettori. Nessuno si aspetterà niente di particolare dal libro: il testo verrà percepito come un prototipo, oppure riportato alle conoscenze locali.
Un giallo dal punto di vista di chi conosce già il genere, un libro e basta dal punto di vista di ipotetici lettori digiuni.
Ovviamente non è un caso molto realistico. Ma in quella situazione-limite, questo è il punto, il giallo della Christie non verrebbe letto come se fosse un libro di genere.


giovedì 16 luglio 2015

MEET ME IN FRIULI

Le riprese sono terminate, e il film è partito per l'Australia per montaggio e post-produzione - il che potrebbe sembrare curioso, ma non lo è poi tanto visto che si tratta della prima co-produzione italo-australiana mai realizzata. Parlo di "The space between", il debutto come regista di lungometraggi di Ruth Borgobello, prodotto da Idea Cinema di Claudio Saraceni, Mondo Studio Films e Fantastificio, e ambientato nel nostro bellissimo e poco conosciuto Friuli (ma per tutti i dettagli tecnici e i nomi meglio consultare Imdb e FilmItalia).
Ho l'onore (e il piacere, e il privilegio e... e via così) di firmare la sceneggiatura insieme alla regista: una collaborazione che risale a diversi anni fa, nasce da una storia che viene dal vissuto di Ruth e del marito Davide Giusto (producer per Mondo Studio), e finalmente è a pochi passi dal vedere la luce del proiettore e il buio delle sale.